Ad ormai 10 anni dalla sua scomparsa, oggi ricordiamo insieme la grande figura di Gae Aulenti, architetta e designer di grande prestigio e di grande orgoglio italiano.
Protagonista del settore nell’epoca del dopo-guerra, Gaetana Emilia Aulenti ha firmato alcuni dei pezzi di design più iconici del periodo, che vengono tuttora studiati e ripresi.
Il suo genio viene scoperto a seguito di un intervento di riqualificazione di una stazione ferroviaria realizzato all’interno del Musée d’Orsay.
È questo progetto, che prende forma dal 1980 al 1986, che la porta ad intraprendere la scala per il successo.
Gae Aulenti è una vera e propria progettista del futuro.
Non si fa intimidire da un settore – come tanti – dominato da uomini, anzi.
Riesce a costruirsi un percorso fatto di successi fino al raggiungimento della fama internazionale.
È infatti proprio all’estero che Gae Aulenti trova il vero trampolino di lancio, rimanendo – tutt’ora – quasi sconosciuta sul territorio nazionale italiano.
Vince per esempio nel 1991 il prestigioso Premio Imperiale, conferitogli dalla Japan Art Association di Tokyo.
Nel mentre, ha modo di collaborare nel 1978 con il brand francese di make-up Rochas, disegnandone il packaging di alcuni prodotti; da forma dal 1995 al 2008 ad alcuni vasi di vetro dell’azienda Murano Venini; concepisce le soluzioni d’arredo per Palazzo Grassi partendo dall’opera “Il viaggio a Reims” di Gioachino Rossini.
Svolge a lungo anche il lavoro di scenografa e costumista, elemento che appare evidente nelle opere citate qui sopra ma anche in tutti gli altri suoi interventi strutturali.
Stiamo parlando per esempio di quelli realizzati sul MNAM – Centre Georges Pompidou di Parigi tra il 1982 e il 1985 o la ricostruzione del Palau Nacional di Montjuïc – ora Museu Nacional d’Art de Catalunya – a Barcellona tra il 1985 e il 1992.
In ognuno di questi lavori vi sono la firma, l’impronta e lo stile omogeneo dell’Aulenti.
Il suo linguaggio formale è applicato e applicabile a qualsiasi spazio e/o oggetto.
Archietttura e design tra ricerca letteraria e lavoro sul campo.
È questo l’approccio che Gae Aulenti persegue durante tutti i suoi anni di produzione.
I contesti storici, sociali, politici, la fanno da padrone e scatenano il genio di questa progettista.
Si forma come architetto e consegue poi l’abilitazione alla professione presso il Politecnico di Milano.
Sono gli anni 50, c’è fermento nell’aria, l’architettura italiana sta attraversando un periodo di ricerca e auto-ricerca.
Si vogliono recuperare i valori architettonici del passato pur allontanandosi dal razionalismo.
Questioni che emergono anche negli oltre 700 progetti firmati da Gae Aulenti, tra progetti architettonici e oggetti di design, interni, scenografie e costumi.
Tra le sue più grandi retrospettive si conta la mostra “Gae Aulenti: A Creative Universe” del 2020, realizzata presso il Vitra Design Museum di Weil am Rhein.
Il museo tedesco ha reso omaggio alla grande progettista italiana attraverso un’ampia gamma di opere, prelevate da archivi di privati.
Sono stati circa 35 gli oggetti della sua carriera esposti ed integrati da fotografie, schizzi e disegni.
Non solo, l’insieme è stato impreziosito da una presentazione, film documentari e interviste.
Non è un caso che la varietà delle fonti sia così ampia perché ampia è anche gamma di materiali e progetti prodotti dall’Aulenti.
Gae Aulenti trasforma il quotidiano in opera arte.
L’obbiettivo ultimo dell’architetto o del designer deve essere proprio questo: trasformare l’utile in bello e viceversa.
L’operazione non deve sacrificare nessuno di questi due aspetti, bensì deve valorizzare entrambe le componenti in un modo nuovo.
È anche così che le grandi case di elettrodomestici e utensili italiane, celebri in tutto il mondo, hanno acquisito ulteriore fama.
Come in un gioco di parole, il genio degli ingegneri ha incontrato la creatività dei creativi, fino a produrre prodotti come il mobile “Sgarsul” del 1962 per Poltronova oppure il tavolo “Jumbo” del 1965 per Knoll.
Gae Aulenti ha pensato questi oggetti e molti altri, lavorando per Zanotta, FontanaArte o la celebre produttrice di macchine da scrivere Olivetti.
Dalla “metamorfosi” della Gare d’Orsay ultimata nel 1986, Gae Aulenti si fa seme nel terreno fertile dell’Italia degli anni ’50 e degli anni a venire.
Ogni luogo è per lei” un fatto concettuale”.
Tutti gli edifici su cui ha lavorato danno “indicazioni che possono valere per gli altri”: essi “devono servire agli altri per apprendere altre cose, come una specie di insegnamento di volontà positiva. L’architettura deve lasciare un segno, un messaggio».
“Non mi sono mai fermata”.
Così diceva Gae Aulenti, che manca ormai da dieci anni.
Era sempre alla ricerca di quello “sguardo internazionale”.
Ogni paese del mondo che incontrerà ha qualcosa di unico che la influenzerà: da ognuno impara il recupero della dimensione artigianale e della ricerca compositiva del dettaglio.
Dal cuore dell’Europa ad oltre oceano: da grande pensatrice, si lascia trasportare e influenzare dalle cose, dai luoghi, dalle persone che vede.
Tutto questo fino all’ultima uscita che avviene in Italia, per la consegna della Medaglia d’Oro alla carriera, ritirata personalmente in Triennale nel 2012.