Nelle prime file degli show di Parigi, ultima capitale a chiudere il mese della moda dedicato alle sfilate primavera-estate 2023, serpeggiava una domanda precisa tra gli addetti ai lavori: E se fosse il set design a fare il fashion moment?

Si dimentichi la più celebre questione che riguarda l’abito e il monaco, perché l’attenzione degli insider si è spostata altrove.
L’interesse degli editor ha infatti superato il fascino tentatore delle supermodelle in passerella, fatta eccezione per Bella Hadid e il suo vestito spray da Coperni.

Andando addirittura oltre all’abituale attrazione per quel muro di celebrità, star, attrici di Netflix e cantanti K-pop che d’abitudine popolano il front row e mandano in visibilio la folla adorante radunata all’esterno.
Certo, Kanye West, con il suo nuovo nome d’arte Ye, ha creato ben più di qualche controversia alle sfilate primavera-estate 2023, ma questa è un’altra – purtroppo prevedibile – storia.
Perché il vero punto di domanda di cui tutti discutono ha a che fare ora con i maestosi spazi espositivi, spesso realizzati in collaborazione con artisti emergenti o blasonati.
Cioè quelle impalcature che hanno richiesto budget da capogiro per essere montate e poi smantellate nel giro di poche ore.
Al netto del problema della sostenibilità, affrontato da molti brand donando i materiali dell’allestimento ad associazioni attive nel campo dell’economia circolare o impegnandosi a riutilizzare gli stessi in futuro, tutto ruota intorno all’importanza della grandeur del contenitore, per amplificare il contenuto.

Per capire il ruolo centrale della location nello storytelling delle sfilate primavera-estate 2023, ecco alcuni dei set design più sbalorditivi.
Durante le sfilate primavera-estate 2023, Balenciaga porta i suoi modelli dentro al fango
Uno show post-apocalittico, quello immaginato dal direttore creativo di Balenciaga, Demna, a Parigi.
E nessuno slancio di ottimismo, prospettiva invece portata avanti da New York a Londra, passando per Milano e la Ville lumière.

Se per l’autunno-inverno 2022/23 era stato il turno di un’immensa boule de neige invasa da una tempesta di ghiaggio e vento, che riportava alla mente degli spettatori il dramma del cambiamento climatico, le sfilate primavera-estate 2023 sono state, per lo stilista, il momento per immaginare cosa succede quando la neve si scioglie.
Il bianco candore diventa fango, e quindi tonnellate di terra nera si sono ammassate ai lati di uno stadio eletto a spazio espositivo, riversandosi e formando crateri.

I modelli sono affondati in questa gigantesca cava di melma, hanno camminato sull’orlo di una voragine come «un campo di battaglia per difendere l’unicità dell’identità», come ha raccontato il designer.

Che ha ricreato un luogo come colpito da un bombardamento e insieme da un’alluvione.
Per parlare indirettamente della attuale crisi socio-politica ed economica, quanto di un ritorno alle disuguaglianze, alla disperazione, alla disumanità.
D’altronde lo stilista, che ha definito la sfilata “very me”, ha un’esperienza personale della guerra, fuggito dai conflitti abcaso-georgiani nel 1993, a soli 10 anni assieme alla famiglia, e rifugiatosi in Germania.
Il riferimento dello show è poi all’opera House in mud dell’artista spagnolo Santiago Serra.
Lo stesso Serra che ha lavorato all’allestimento e riempito il Parc des Exposition de Villepinte con 257 metri quadri di fango, come riportato da Tagwalk, sotto la direzione artistica dello studio berlinese Sub.Global.
Mentre nell’aria si è stagliato un odore crudo, un sentore di umido e bagnato, grazie a un profumo creato su misura dalla norvegese Sissel Tolaas.
Il falso in natura: un gigantesco anthurium in fibra di vetro domina la passerella di Loewe
Per Jonathan Anderson, il conflitto tra schermo e natura è una cosa seria.
Da qualche stagione, il rapporto tra artificio e creato è al centro della ricerca dello stilista per il suo marchio JW Anderson, tornato a calcare dal vivo le passerelle londinesi.

Ma tale dicotomia è anche protagonista delle riflessioni del brand come fashion moment delle sfilate primavera-estate 2023, Loewe, di cui Anderson è direttore creativo.
Proprio da Loewe, ecco un’esplorazione del falso in natura, con un gigantesco anthurium in fibra di vetro che è spuntato dal pavimento.
E la “protesi botanica” ha conquistato la scena, svettando sulla pedana nel suo rosso vivido e duplicandosi sull’abbigliamento.

È il momento di corpetti tridimensionali che avvolgono il busto, oppure di piccoli fiori per formare la coppia di coppe sul décolleté dei mini dress.
In definitiva, tutto si riconduce al fiore di anthurium come meraviglia carnale (e velenosa, quindi pericolosa).
«Un prodotto della natura che sembra un oggetto di design ed è trattato come tale», come descritto da Anderson.
L’artista Shuang Li firma l’allestimento di Miu Miu, brand star delle sfilate primavera-estate 2023
Un nome preciso, In translation, ha racchiuso il messaggio di Miuccia Prada per la sua Miu Miu.
In collaborazione con l’artista cinese Shuang Li (protagonista anche dell’ultima Biennale di Venezia), l’ipostilo del Palais d’Iéna è stato trasformato da Amo in una dimensione sconosciuta della realtà che espande il senso della collezione.

«Ogni messaggio è una traduzione, ma nulla è mai stato tradotto», ha scritto Shuang Li in una nota lasciata sui seat come cavi ingigantiti.
L’idea è che «i cloud apparentemente senza fili (ovvero le nostre realtà digitali sincrone, che sembrano incorporee) sono sostenuti da decine di migliaia di chilometri di cavi sottomarini che popolano il fondo dell’oceano».

Il lavoro di Shuang Li ha esplorato quindi la tensione tra tangibile e intangibile.
E ha indagato «i corpi fisici di ciò che comunemente consideriamo materiale immateriale inviato tramite piattaforme digital».
Classe 1990, Li studia infatti il virtuale, ma anche la vita materiale di questi paesaggi digitali, come le infrastrutture e i sistemi logistici che li supportano, e, cosa più importante, le fessure che si trovano nel mezzo.
Così, il frutto della collaborazione di Shuang Li e Miu Miu ha collegato nuovamente lo show alla comunicazione e alla traduzione.
L’intervento artistico si è esteso infine a un tappeto sonoro creato dal musicista Eli Osheyack e concepito come sequenza di messaggi perduti, comunicati, non consegnati e quindi mai ascoltati.