Continuiamo a viaggiare per l’Italia e ci dirigiamo a Rovigo per la mostra “Robert Capa. L’Opera 1932-1954”.

Palazzo Roverella non espone così una sola mostra di un grande fotografo ma racconta, attraverso le sue immagini, alcuni dei momenti più significativi della storia globale.

Roberta Capa è stato un vero e proprio narratore per immagini.

Lo testimoniano, fra le tante, le ben 366 fotografie selezionate dagli archivi dell’agenzia Magnum Photos.

La mostra curata da Gabriel Bauret ripercorre le principali tappe della carriera di Robert Capa attraverso 9 sezioni tematiche:

  • Fotografie degli esordi, 1932 – 1935
  • La speranza di una società più giusta, 1936
  • Spagna: l’impegno civile, 1936 – 1939
  • La Cina sotto il fuoco del Giappone, 1938
  • A fianco dei soldati americani, 1943 – 1945
  • Verso una pace ritrovata, 1944 – 1954
  • Viaggi a est, 1947 – 1948
  • Israele terra promessa, 1948 – 1950
  • Ritorno in Asia: una guerra che non è la sua, 1954

Perché nl lasso di tempo raccontato dalla mostra, sono tante le ‘avventure’ che Robert Capa si trova a vivere.

Iconici sono alcuni dei suoi scatti, gli stessi che hanno incarnato la storia della fotografia del Novecento.

Per molti le fotografie di Capa arrivano alla mente prima del nome del loro autore e la mostra a Palazzo Roverella è un modo per approfondire l’argomento.

Attimi di collettività in Ucraina
Attimi di collettività in Ucraina

Passionale e in definitiva sfuggente, insaziabile e forse mai pienamente soddisfatto.

Robert Capa è un personaggio unico, che non esita a rischiare la vita per i suoi reportage.

È questo che emerge prima di tutto da “Robert Capa. L’Opera 1932-1954”.

La mostra vuole rivelare, attraverso le immagini proposte, le sfaccettature e le minime pieghe dell’autore.

È stato un uomo libero, un giocatore dal forte temperamento.

Non vuole solo mostrare.

Robert Capa cerca anche di capire, gira intorno al suo soggetto, tanto in senso letterale quanto figurato.

Le immagini scelte per l’esposizione restituiscono questa sensazione allo spettatore grazie ad uno specifico allestimento.

In molte sequenze di percepisce un respiro cinematografico.

Lo stesso movimento viene riprodotto come in un rapporto di campo-controcampo: in occasioni diverse vengono riuniti più punti di vista dello stesso evento.

È così che ci si trova ad immaginare un film in una foto.

Si percepiscono ancora i movimenti, gli spostamenti d’aria, le voci.

 

Robert Capa non può essere definito solo un fotoreporter.

Anche Henry Cartier-Bresson – altro grande nome della storia della fotografia – seppe riconoscere in Capa un talento unico.

Scrisse: “Per me, Capa indossava l’abito di luce di un grande torero, ma non uccideva; da bravo giocatore, combatteva generosamente per sé stesso e per gli altri in un turbine. La sorte ha voluto che fosse colpito all’apice della sua gloria”.

“Robert Capa. L’Opera 1932-1954 non si limita alle rappresentazioni della guerra che hanno forgiato la leggenda di questo autore.

Non esistono solo tempi forti ma anche “tempi deboli”, così come li definiva Raymond Depardon, che raccontano anche ciò che sta dietro alle azioni dei reportage.

Il rapporto tra ciò che sta dietro e davanti alla fotocamera è fondamentale nell’opera di un fotografo.

Le immagini scelte per la mostra a Palazzo Roverella lasciano trapelare la complicità e l’empatia dell’artista rispetto ai soggetti ritratti, soldati, ma anche civili, sui terreni di scontro, in cui ha maggiormente operato e si è distinto.

Sulla scia delle sue vicende umane, Robert Capa ricorre a più riprese il tema delle migrazioni delle popolazioni.

Attraversa e rilegge le vicende umane di Paesi come la Spagna e la Cina, in particolare.

Robert Capa ha fotografato anche il Tour da France del 1939, a modo suo
Robert Capa ha fotografato anche il Tour da France del 1939, a modo suo

Tra un’immagine e l’altra si profila anche l’identità di Robert Capa.

All’interno del percorso è possibile ammirare le pubblicazioni dei reportage di Robert Capa sulla stampa francese e americana dell’epoca.

Tra i materiali cartacei vi sono anche gli estratti di suoi testi sulla fotografia, che tra gli altri toccano argomenti come la sfocatura, la distanza, il mestiere, l’impegno politico, la guerra.

Ma gli ‘inserti’ non finiscono qui.

Sono disponibili estratti di un film di Patrick Jeudy su Robert Capa in cui John G. Morris commenta con emozione documenti che mostrano Capa in azione sul campo.

Infine ci si può immergere con l’udito nella registrazione sonora di un’intervista di Capa a Radio Canada.

La serie di scatti è quindi ulteriormente impreziosita da materiali vari e fonti diverse.

Ogni sezione è aperta da testi e citazioni di grandi nomi della storia dell’arte.

Susan Sontag, Richard Whelan, Michel Lefebvre, John Steinbeck, Laure Beaumont-Maillet, François Maspero, Denis Roche: sono questi solo alcuni esempi.

E non manca anche l’auto-ironia. Nella sezione “Viaggi a est, 1947-1948” viene scelta una citazione dello stesso Robert Capa: “Sono molto felice di essere diventato un fotografo di guerra disoccupato e spero di rimanere tale per il resto della vita”.

La mostra chiuderà domenica 29 gennaio 2023