È stato una delle figure più poliedriche del ventesimo secolo.

Stilista in primis, ma fondamentalmente un progettista e un visionario. 

Si dichiarava interessato a tutto ciò che è creazione e aveva nel sangue quell’ardito spirito imprenditoriale tipicamente italiano.

Perché anche se il nome può trarre in inganno, erano italiane – precisamente venete – le origini di Pierre Cardin, all’anagrafe Pietro Costante Cardin, nato nel 1922 ma traferitosi in Francia con la famiglia all’età di soli due anni e in seguito naturalizzato francese.

Pierre Cardin: una delle figure più poliedriche del ventesimo secolo.
Pierre Cardin: una delle figure più poliedriche del ventesimo secolo.

Pioniere del concetto di moda prêt-à-porter e delle licenze, lo stilista si è spento lo scorso 29 dicembre lasciando dietro di sé un capitolo fondamentale della storia della moda.

La sua carriera è iniziata come sarto apprendista a Vichy per poi portarlo a Parigi a muovere i primi passi nel mondo della couture accanto a mostri sacri come Jean Paquin, Elsa Schiaparelli e Jean Cocteau, oltre a collaborare con il pittore e scenografo Christian Berard a una serie di costumi teatrali.

Pierre Cardin tra prêt-à-porter e architettura
Pierre Cardin tra prêt-à-porter e architettura

Poi la svolta con l’ingresso nella allora appena fondata maison di Christian Dior, dove venne nominato primo sarto e contribuì alla nascita del leggendario New Look. 

Pierre Cardin tra prêt-à-porter e architettura
Pierre Gardin contribuì alla nascita del leggendario New Look.

E quando invece Cristóbal Balenciaga gli negò un posto nella sua casa di moda, Cardin rispose aprendo il primo atelier a suo nome, nel 1950, al 10 di rue Richepanse.

L’estetica visionaria e sempre rivolta al futuro che lo contraddistingueva ha dato vita negli anni ‘60 alla Space Age couture, unendo Cardin in una “sacra” triade con i colleghi contemporanei André Courrèges e Paco Rabanne.

Pierre Cardin tra prêt-à-porter e architettura
Pierre Gardin contribuì alla nascita del leggendario New Look.

Uno dei simboli di questo suo stile è l’iconico Bubble dress, ma numerose sono le contaminazioni nelle sue collezioni di quell’allure “spaziale”, con caschi e stivaloni ispirati a quelli degli astronauti che stavano compiendo le prime imprese al di fuori dell’orbita terrestre. 

Pierre Cardin tra prêt-à-porter e architettura

In questa sua audace tridimensionalità, in questo gioco di volumi e materiali, l’estetica di Cardin ha mostrato da sempre un certo fascino verso le forme dell’universo architettonico, della geometria.

Pierre Cardin tra prêt-à-porter e architettura
Cardin ha mostrato da sempre un certo fascino verso le forme dell’universo architettonico, della geometria.

Un mondo, quello del design, a cui per tutta la vita si è accostato a più riprese.

Nei primi anni ’70, mentre la sua collezione futurista sfilava sui tetti della Ville Lumière accostando le sue geometrie a quelle della città, i fratelli Stefano, Gabriele e Nino Bini progettavano i suoi showroom di Milano e Parigi in un tripudio di forme sinuose e oblò ispirate ai suoi abiti.

Pierre Cardin tra prêt-à-porter e architettura

L’apice di questa visione fu raggiunto con l’acquisto del Palais Bulles, anche noto come “la casa a bolle”, originariamente progettato dall’architetto ungherese Antti Lovag per l’industriale Pierre Bernard.

Pierre Cardin tra prêt-à-porter e architettura
Palais Bulles, anche noto come “la casa a bolle”
Pierre Cardin tra prêt-à-porter e architettura
L’apice di questa visione fu raggiunto con l’acquisto del Palais Bulles, anche noto come “la casa a bolle”

Gli interni della dimora presentano un’ispirazione ibrida, che in parte richiama il mondo spaziale degli astronauti incontrandosi al tempo stesso con quell’approccio scultoreo proprio della moda, con le superfici laccate e l’arte ebanista. 

È stato così che nel 1977 hanno preso vita le produzioni di mobili haute couture di Pierre Cardin, le cosiddette Sculptures Utilitaires, una serie di collezioni di arredi tuttora in produzione che inizialmente riprendevano i temi delle sfilate di Cardin, come nel caso dell’abito Espace diventato chiave nella linea di sculture Homme et femme. 

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La prima linea voleva essere uno stimolo per i creativi francesi ad avere più immaginazione in materia di mobili, con il risultato di un’intera collezione di eleganti arredi come consolle, poltrone e tavoli dalle forme sinuose che potessero trovare la giusta collocazione in qualunque casa ed essere funzionali oltre che esteticamente gradevoli. 

«È stupido piazzare un mobile contro un muro. Se i miei mobili sono “recto verso” è per essere visti da tutte le angolazioni, da dietro come di fronte», ripeteva Pierre Cardin, che amava considerare i mobili come degli abiti e delle sculture.

Rimarrà invece un’utopia l’ultimo visionario progetto dello stilista, che avrebbe dovuto prendere vita a Venezia.

Conquistato dal mito di Casanova, Cardin ne acquistò la storica e centralissima dimora di Palazzo Bragadin e progettò nella Laguna assieme al nipote Rodrigo Basilicati l’avveniristico e provocatorio Palais Lumière, un grattacielo alto 245 metri nella zona del Porto di Marghera che sarebbe diventato la torre più alta d’Italia. 

L’edificio doveva essere formato da tre torri di forma ovale e di altezze diverse, l’una collegata all’altra da sei anelli, quasi fossero dei pianeti. I 60 piani dove dovevano essere ospitati uffici, appartamenti, un teatro, centri ricerca e un ristorante panoramico, sarebbero stati serviti da 72 ascensori, 21 dei quali panoramici. 

Pierre Cardin tra prêt-à-porter e architettura

Se il vincolo paesaggistico ha fatto sfumare l’ultimo sogno di Cardin, il vertiginoso modellino del progetto rimarrà sempre visibile attraverso le vetrine del suo atelier parigino.

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