Il 2023 sarà ricordato come l’anno del Perugino.
In occasione del V centenario della morte di Pietro Vannucci – nome di battesimo del maestro – la Galleria Nazionale dell’Umbria di Perugia ha organizzato una grande mostra che si concluderà il secondo weekend di giugno.
Come sempre, partiamo dall’esposizione curata da Marco Pierini e Veruska Picchiarelli per ricordare l’opera del celebre Perugino.
Ripercorriamo i principali passaggi di “Il meglio maestro d’Italia. Perugino nel suo tempo”.
Il percorso restituisce all’artista il ruolo che il pubblico e la sua epoca gli avevano assegnato.
Lungo l’itinerario espositivo sono presentati i suoi maggiori capolavori, dalla formazione fino allo Sposalizio della Vergine del 1504 – momento in cui Perugino si trova all’apice della sua straordinaria carriera.
La ricca panoramica della produzione del maestro parte dagli inizi degli Anni Settanta del Quattrocento e prosegue fino ai primi anni del secolo successivo.
Alle opere significative di Pietro Vannucci (Città della Pieve, 1450 circa – Fontignano, 1523) sono affiancate un buon numero di dipinti di artisti coevi.
Sono 7 le sezioni in cui si articola il percorso.
Alcune sono prevalentemente a carattere cronologico mentre altre sono state organizzate per tematica.
In ordine:
- la formazione tra Perugia e Firenze e il confronto con Verrocchio;
- il momento di svolta della carriera del pittore, tra la fine degli Anni Settanta e gli inizi degli Anni Ottanta;
- la giunta a maturazione dello stile dell’artista;
- la ritrattistica;
- le Madonne di Perugino e alla loro fortuna;
- la diffusione del linguaggio messo a punto dal maestro;
- la produzione fino agli anni 1504-05.
Il percorso si conclude poco prima di arrivare all’ultimo Perugino.
Marco Pierini, direttore della Galleria Nazionale dell’Umbria, e Veruska Picchiarelli, conservatrice del museo, hanno pensato ad un percorso che potesse celebrare tutta la potenza del grande maestro.
Da quando papa Sisto IV lo chiama a lavorare a Roma, l’opera di Perugino si fa largo nel suo tempo.
Vasari scrive di una “dolcezza ne’ colori unita“, riferendosi alla sua opera – opera dalla qualità strepitosa che incanta lo spettatore.
Tra gli altri capolavori spicca il dibattuto Ritratto di Perugino degli Uffizi, già assegnato a Lorenzo di Credi o a Raffaello, e presentato in mostra come autoritratto dell’artista.
Le sue Madonne sono molto apprezzate dai coetanei che ne traggono copie e derivazioni.
E sempre a proposito di chi da Perugino trae ispirazione, i curatori hanno scelto diversi interpreti di rilievo.
Si va dal piemontese Macrino d’Alba al veneto Francesco Verla ai campani Stefano Sparano e Cristoforo Faffeo.
Sono queste diverse personalità di diverse aree della penisola che hanno saputo restituire rielaborazioni originali degli spunti perugineschi.
Il percorso si conclude poco prima di arrivare all’ultima parte della carriera di Perugino, quella che si protrae fino alla sua morte nel 1523.
Sacro e profano s’incontrano per chiudere il percorso espositivo.
Alla fine infatti troviamo due dipinti antitentici, uno di soggetto sacro e l’altro profano, uno eseguito a olio su tavola e l’altro a tempera su tela.
Entrambe le opere sono di inestimabile valore.
Stiamo parlando del celeberrimo “Sposalizio della Vergine da Caen” (1504) e della la “Lotta di Amore e Castità” (1503).
Il primo è ospitato temporaneamente a Perugia a oltre due secoli dalla sottrazione napoleonica; il secondo è stato realizzato per Isabella d’Este e proviene dal Louvre.
Perugino ha saputo restituire al mondo la sua opera unica, nonostante sia stato visto soprattutto come un grande allievo di Verrocchio e un grande maestro di Raffaello.
Nell’ultimo quarto del Quattrocento, ebbe un assoluto primato nell’intera Penisola.
Veruska Picchiarelli ricorda invece che l’articolazione dell’itinerario espositivo illustra gli anni in cui Perugino fu “il meglio maestro d’italia“.
Questa definizione attribuitagli da Agostino Chigi nel 1500 racchiude anche la sua perfetta capacità di essere artista “nel suo tempo”.
La scelta di utilizzare le parole di Chigi è esplicita intenzione di raccontarne la grandezza di Perugino attraverso gli occhi di chi poté ammirare il suo lavoro da una prospettiva privilegiata.
Questa visione non è altro che sguardo non fuorviato dalla produzione di una tarda attività o condizionamenti dovuti a critiche altalenanti.
La mostra si conclude la prossima domenica 11 giugno 2023.
Come sempre vi segnaliamo queste opportunità non solo per le mostre ma anche i meravigliosi luoghi che le accolgono.
La Galleria Nazionale dell’Umbria ha riaperto per esempio i battenti nell’estate del 2022, dopo la chiusura di un anno per i lavori di ristrutturazione, in una veste completamente rinnovata!
L’arte prodotta in o per l’Umbria è raccolta in questo Palazzo fino a coprire un lasso di tempo di quasi mille anni.
Il visitatore attraversa le principali sale del palazzo e vi ritrova celebri capolavori di Beato Angelico, Piero della Francesca, Perugino, Pinturicchio.
Non mancano gemme meno note che illustrano l’evoluzione dell’ars pingendi a Perugia e nell’Italia centrale.
Il percorso è ragionato e affascinante, non potete perdervelo!