Cari amici amanti dell’arte e dell’ interior design, ben ritrovati su questo magazine di arredamento!
Anche oggi daremo un’occhiata insieme a temi che orbitano intorno ad arte e design, indagando sui confini che definiscono queste due aree culturali.
Oggi vorrei raccontarvi qualcosa in più su un architetto e designer straordinario: Matteo Thun.
Cosa scriverò in questo articolo di preciso?
Innanzitutto vorrei che puntaste l’attenzione su un processo evolutivo professionale dal mio punto di vista inevitabile.
Se si celebra la bellezza progettando una casa, un oggetto, un ambiente all’esterno, attraverso indagine approfondita con definita identità, è facile sfiorare con l’intento un proposito artistico di qualità.
Facciamo un esempio pratico: parliamo un po’ di Matteo Thun designer e architetto, e poi diamo un’occhiata ad una sua opera presentata alla Milano Design Week di aprile scorso.
Matteo Thun designer: intento creativo ben chiaro da sempre al centro del suo lavoro
Matteo Thun è figlio della celeberrima Lene (chi non conosce la storia dell’angelo di Bolzano da lei creato, che diede vita agli articoli di ceramica ancora oggi tanto di moda?).
Con questo fantastico sostrato artistico famigliare, a scuola continua a circondarsi di personaggi straordinari.
Studia all’Accademia di Salisburgo addirittura con Oskar Kokoschka e si laurea architetto nel 1978 a Firenze.
A Milano incontra Ettore Sottsass e fonda con lui una società.
Lavora per Swatch come direttore artistico negli anni più luminosi della griffe, insegna nelle università di Vienna.
Fonda, nel 2001, il proprio studio Matteo Thun & Partners, con sede a Milano e a Shangai.
La sua linea concettuale è, negli anni, sempre la stessa: “Eco e non ego” è il suo mantra e diventa ben presto pioniere della sostenibilità in ambito di costruzioni e architettura.
Il rispetto per l’ambiente in cui si costruisce, la valorizzazione del luogo e non lo sfruttamento di esso diventano per lui un talismano.
Una linea concettuale che lo rendono riconoscibile e credibile nel settore.
Altro fiore all’occhiello del proposito idealistico di Thun è il suo rispetto per i ritmi fisiologici e il benessere delle persone, che trasferisce ai suoi progetti.
Nei suoi uffici (citiamo quelli elaborati per Davines a Parma ad esempio), il punto di vista “green” (energetico e botanico) è sempre protagonista, alfine di coniugare benessere e produttività.
“Il punto di partenza? Creare un complesso con la massima trasparenza architettonica e fornire a ogni postazione di lavoro una vista sulle aree verdi utilizzando una quantità minima di elementi in muratura”.
Alla Milano Design Week 2019 Thun presenta “Pinnacle of reflection”: per me è opera d’arte
Tutto questo “mare”introduttivo per poi arrivare all’esempio pratico.
Ora conoscete meglio la figura di Matteo Thun, e non vi stupirà sapere che per l’edizione 2019 del salone del mobile egli, insieme a 3M, azienda americana con focus sulla ricerca sulle nuove tecnologie, ha creato qualcosa di davvero unico.
“Pinnacle of reflection” è un’elaborazione che utilizza materiali di nuova generazione di 3M e lavora concettualmente per stupire i visitatori del Fuorisalone, ma con un coinvolgimento sensoriale e estetico di grande levatura.

All’esterno, la torre di quattordici metri situata in via Tortona a Milano rappresenta una fusione graduale e delicata della stessa con il cielo.
Si tratta di un chiaro riferimento alla “politica” costruttiva di Thun, votata alla simbiosi con l’ambiente circostante e non allo sfruttamento di esso.
All’interno, invece, l’effetto è caleidoscopico:
“All’interno, l’innata meraviglia dei materiali 3M creerà un effetto caleidoscopio in continua evoluzione ispirato dalla rara farfalla blu. Il visitatore sperimenterà una completa assenza di riferimenti spaziali poiché tutte le pareti, il soffitto e il pavimento della stanza, sono coperti con pellicole riflettenti 3M. La percezione dello spazio interno sarà frammentata creando molteplici riflessi” .Matteo Thun

Cosa ne pensate?
Io sono trepidante e non vedo l’ora di conoscere le novità e le esperienze che la Milano Design Week ci riserverà nell’anno 2020.
Si tratta di riflessioni creative sempre più vicine al mondo della performance artistica, come dimostra questo esempio.
Siete d’accordo?