Ancora pochi giorni per visitare la splendida mostra “Lucio Fontana. Autoritratto” alla Fondazione Magnani-Rocca di Parma.
L’esposizione ripercorre tutte le principali tappe del processo creativo di questo grande maestro dell’arte italiana, e non solo.
Le opere guidano lo spettatore alla scoperta della sua personalità e della sua vita.

Da cosa è tratto il titolo della mostra “Lucio Fontana. Autoritratto”?
La mostra, curata da Walter Guadagnini, Gaspare Luigi Marcone e Stefano Roffi, fa riferimento ad un libro.
Il testo in questione si chiama “Autoritratto”, è stato redatto da Carla Lonzi (Firenze 1931 – Milano 1982) e pubblicato nel 1969.
Questa grande storica dell’arte ha raccolto, in questo scritto, quattordici interviste a quattordici grandi personalità dell’arte del ‘900.
Tra queste si conta anche quella a Lucio Fontana (1899 –1920).
Questo libro si dimostra particolarmente innovativo per l’epoca, perché Carla Lonzi raccoglie le proprie ‘interviste’ attraverso l’utilizzo di un registratore.
Questo strumento, inusuale e innovativo per la critica d’arte dell’epoca, le permette di immagazzinare, trascrivere e riassemblare le informazioni.
Il percorso di Carla Lonzi, fatto di collaborazioni con celebri gallerie e periodici, la porta a pubblicare questo volume nel quale gli artisti parlano in prima persona.

Un dialogo senza senza filtri e senza vincoli.
Così si potrebbe definire lo scambio che avviene tra Carla Lonzi e i suoi ospiti, tra cui appunto Fontana.
Vengono esposte articolate riflessioni sulle proprie ricerche, sul sistema dell’arte e sulla propria vita privata.
Critico ed artista sono complici, co-partecipano in un’operazione di scardinamento del rapporto che fino a quel momento contraddistingueva queste due figure del mondo dell’arte.
Lucio Fontana si abbandona a giudizi molto schietti su grandi artisti come Jackson Pollock e Robert Rauschenberg.
Su questa base narrativa fonda l’esposizione ora in mostra alla Fondazione Magnani-Rocca a Mamiano di Traversetolo.
I curatori hanno deciso di costruire un percorso che segue le parole e il filo narrativo del libro.
Tra i punti più celebri dell’intervista di Fontana, vi è quello che racconta il suo approccio nei confronti dei suoi celebri tagli su tela.
Lucio Fontana dice: “La scoperta del cosmo è una dimensione nuova, è l’infinito, allora buco questa tela, che era alla base di tutte le arti e ho creato una dimensione infinita, un’x che, per me, è la base di tutta l’arte contemporanea.
Sennò continua a dire che l’è un büs, e ciao”.
Il maestro assoluto dello Spazialismo e dell’arte del XX secolo descrive così il suo rapporto tra opera d’arte, spazio e tempo.
I suoi tagli rappresentano opere chiave di un’epoca e vengono amati e discussi tutt’ora dal grande pubblico.

La mostra “Lucio Fontana. Autoritratto” è composta da circa cinquanta opere.
E sono le stesse opere a creare un itinerario nel pensiero e nella pratica dell’artista.
Rappresentano momenti salienti e peculiari della ricerca fontaniana, ribadiscono la sua idea, cioè che l’arte debba essere vissuta attraverso una nuova dimensione.
In questo percorso di scoperta entrano in gioco necessariamente nuove tecnologie e materiali, dai quali non bisogna farsi spaventare.
I vari periodi di produzione si fanno largo tra opere degli anni Trenta, Quaranta – come “Concetti spaziali” che racchiudono “Buchi” e “Tagli” – e Sessanta.
La sfavillante modernità della metropoli viene raccontata da Lucio Fontana attraverso opere dalle enormi dimensioni, come “New York 10” del 1962.
Pannelli di rame come questo, segnati da lacerazioni e graffiti, prendono vita grazie al forte dialogo che riescono a costruire con la luce dello spazio che li circondano.
La mostra propone anche una suggestiva serie di fotografie realizzate da Ugo Mulas, grande fotografo del ‘900 italiano.
Gli scatti presenti sono vera e propria documentazione fotografica della genesi di un’opera fontaniana.

Emozionante è la traccia audio dell’intervista di Carla Lonzi a Lucio Fontana.
Le parole tratte dal file audio (recuperato) della conversazione originale vanno al di là degli estratti pubblicati nel libro di Carla Lonzi del 1969.
La voce di Fontana viene utilizzata sia come installazione sonora sia come filo narrativo lungo tutto il percorso della mostra.
Lucio Fontana parla del suo lavoro, della sua vita d’artista, della sua attività di collezionista ma anche di esperienze e avventure quotidiane.
Ancora una volta ci dimostra di essere una personalità carismatica radicale e dirompente.
Non solo, è visionario e sperimentatore.
Partecipa e promuove il “Manifesto Bianco” del 1946, manifesto del Movimento Spazialista nel quale si afferma: “la materia, il colore e il suono in movimento sono i fenomeni, lo sviluppo simultaneo dei quali sostanzia la nuova arte”.
A proposito di materiali, Lucio Fontana fa uso di materiali sempre nuovi: ‘gioca’ con il marmo, il gesso e la ceramica.
Infine, mantiene un costante dialogo con prestigiosi architetti che lo porteranno, nel tempo, a realizzare prima le sue opere “Buchi” del 1949 e poi i celebri “Tagli” del 1958.

“Lucio Fontana. Autoritratto” vi aspetta fino a domenica 3 luglio.
E nel mentre organizzate la vostra visita a Parma, vi diamo appuntamento al prossimo mercoledì e vi ricordiamo altre mostre attive sul territorio: