Siamo stati a vedere la commuovente mostra “Rimini Revisited – Oltre il mare”.
Il percorso ripropone un reportage intimo e personale del fotografo riminese Marco Pesaresi.
La mostra – ad ingresso gratuito – è ospitata dal Fellini Museum all’interno del Castel Sismondo, in Piazza Malatesta.
Ripercorriamo oggi la Rimini di Marco Pesaresi (1964 – 2001), che alla fine sembra più contemporanea che mai.

La mostra “Rimini Revisited” è curata da Mario Beltrambini e Jana Liskova.
La memoria di Marco Pesaresi è custodita dalle persone che gli hanno voluto bene e che hanno avuto la possibilità di continuare a studiare il suo immenso archivio fotografico.
Quest’ultimo è dal 2021, grazie alla donazione da parte della famiglia, custodito dalla città di Savignano sul Rubicone.
Si parla di 25.000 negativi, provini a contatto, appunti, annotazioni e poesie.
Questo tesoro ha permesso di ricostruire tutta la ricerca di Marco sulla sua Rimini e la Riviera romagnola.
Quella raccontata negli scatti del fotografo riminese è una realtà esuberante e veloce.
Degli anni Ottanta e Novanta si raccontano il divertimento sfrenato, sopra le righe, intervallato a quel senso di silenzio e malinconia, che si riprendono il proprio spazio quando la festa finisce: il famoso mare d’inverno.
Tutte queste sfumature della quotidianità e atmosfera riminese, si dividono lungo un doppio binario.
La mostra presentata a Rimini affianca un’altra esposizione a Savignano, presso Palazzo Martuzzi.
Sono in questa sede esposte cento fotografie mai presentate prima, frutto del lavoro di ricerca nello sconfinato archivio di Marco.

A Rimini troviamo un nucleo di 53 fotografie tra le più note e iconiche di Marco.
Ma sono tutte le 173 immagini, messe insieme, ad approfondire e ampliare il nostro punto di vista sull’opera di Marco Pesaresi.
Partiamo innanzitutto dalle sue stesse parole:
“I miei occhi, la mia persona sono eccitati dalla sinuosità, dalla dolcezza e dal vissuto.
Nell’istantanea ci sono queste condizioni, sono attimi di percezione che implicano queste condizioni che convergono e tu le fermi.
Ho deciso di fare il fotografo perché…. Non lo so neanche io… Perché mi sono trovato la fotografia addosso.”
All’interno del catalogo, presentato in parallelo alla mostra “Rimini Revisited”, ci sono diversi commenti relativi all’opera di Marco Pesaresi.
Ci ha colpito sicuramente il passaggio in cui viene evidenziato come il suo approccio possa essere simile a quello di Michael Kenna.
Il bianco e nero esprime tutta la sua forza infatti – nelle immagini questi autori – nel non competere con il mondo esterno e nel persistere più a lungo alla nostra memoria visiva.
Ricorda lo stesso Kenna che nella nostra vita vediamo sempre a colori; il bianco e nero è un’interpretazione del mondo, piuttosto che una copia di ciò che vediamo.

Espressione chiave di tutto il lavoro di Marco Pesaresi è “cultura popolare”.
Marco Pesaresi annota questa espressione sulle copertine di diversi album di negativi, su alcuni fogli di provini, in appunti volanti.
Durante lo studio dell’archivio lasciato dal fotografo riminese, è emerso più volte questo sguardo stupito di fronte al mondo.
Si tratta di un tema sicuramente a lui caro.
Al di là dei tanti scritti lasciati dall’autore, sono scarne le indicazioni, gli appunti, le date e i riferimenti geografici relativi agli scatti.
Scatti che, a proposito di cultura popolare, sono raccolti in migliaia di rullini e negativi.
Rimini e la Riviera romagnola degli anni novanta sono riprese nel corso delle stagioni.
Troviamo feste popolari e improvvisate, serate folli nei locali notturni più alla moda, il liscio, i rituali del tempo libero, come il bar e gli amici.
Tutto parla di quella capacità innata di meravigliarci, di cui Marco Pesaresi era inebriato costantemente.

“Rimini Revisited” è mix perfetto tra meraviglia e affetto.
Si innesca un meccanismo perfetto, si diffonde una sensazione che, come per magia, passa dall’oggetto osservato agli osservatori, dall’ambiente ai suoi abitanti.
E a proposito di affetto, e qui s’intende affetto per la propria terra, Marco Pesaresi ricorda: “La mia fotografia prende corpo, nasce da tradizioni contadine, di campagna, e si sviluppa… nella poesia del mare d’inverno, accompagnandosi a immagini di libertà, di emancipazione, di trasgressione nella notte. Però, comunque, nasce dalla campagna.”
Marco Pesaresi seguiva tutti i mondi che fotografava, li frequentava con regolarità, conosceva le abitudini e i riti dei personaggi ruspanti che li animavano.
Quello raccontato da Marco Pesaresi “è un mondo che trabocca di colore” anche se, nelle fotografie dedicate alla sua terra, sceglie il bianco e nero – come ricorda il curatore e amico Mario Beltrambini, che tuttora non sa darsi una risposta.
In ogni caso, il mondo interpretato da Marco Pesaresi è un mondo unico, sfaccettato e complesso.
Le sue fotografie sono documenti che raccontano l’anima di un intero territorio, testimonianze di momenti che abbiamo vissuto e che ora riviviamo ad anni di distanza.
Nel lavoro di Marco Pesaresi i romagnoli continuano a riconoscersi, con la loro passione irrefrenabile.
