Preparatevi ad essere catturati dalle fotografie “Di roccia, fuochi e avventure sotterranee”.
Abbiamo parlato in passato dell’Istituzione MAXXI – Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo di Roma, mentre oggi vi presentiamo la mostra presente nelle sale di MAXXI L’Aquila.

MAXXI L’Aquila è una sede distaccata, situata a Palazzo Ardinghelli.
In questa nuova cornice – inaugurata a giugno 2021 – viene esposta la mostra “Di roccia, fuochi e avventure sotterranee”, nella quale si raccontano le meraviglie delle viscere della terra e la nascita di grandi infrastrutture in tre diversi continenti.
Parliamo di un viaggio che attraversa il mondo, da Oslo ad Atene, da Hanoi alla baia di Sydney.
Le voci narranti – o meglio dire visive – di questo viaggio sono Fabio Barile, Andrea Botto, Marina Caneve, Alessandro Imbriaco e Francesco Neri, cinque fotografi tra i più interessanti della scena italiana attuale.
La collettiva è stata inaugurata lo scorso 12 marzo ed è curata da Alessandro Dandini de Sylva, in collaborazione con Ghella.
Le 120 immagini racchiuse in mostra – prima esposte nella sede romana del MAXXI – hanno ottenuto grande attenzione da parte del pubblico come dalla critica e questo ha permesso che venissero riproposte nella sede di L’Aquila.

Le fotografie di “Di roccia, fuochi e avventure sotterranee” sono state scattate tra il 2019 e il 2020.
Raccontano stupefacenti spazi al di sotto della terra emersa e la costruzione di cinque grandi opere infrastrutturali.
I loro cantieri, come scritto prima, sono molto diversi fra loro e sono disseminati tra Europa, Estremo Oriente e Oceania.
Si tratta quindi di un viaggio, ma soprattutto di un viaggio insolito, invisibile ad occhio nudo.
La collaborazione di Ghella risulta particolarmente fondamentale in questo processo di scoperta.
Si tratta infatti della più antica azienda italiana di grandi infrastrutture: nasce nel 1867 ed è attiva in tutto il mondo. È stata impegnata in grossi interventi di scavo sotterraneo, tra i quali si conta anche quello della mitica Transiberiana del 1898.

I cantieri, spogliati dei loro nomi, diventano luoghi suggestivi.
Il racconto che viene proposto di questi luoghi, da parte dei cinque fotografi, è assolutamente innovativo – e particolarmente interessante all’interno del contesto aquilano.
Alcune delle opere presenti in mostra, come ricorda il direttore MAXXI L’Aquila Bartolomeo Pietromarchi, sono entrate a far parte delle Collezioni del Museo, grazie alla donazione da parte di Ghella. Si tratta di 56 fotografie che testimoniano la vocazione culturale e mecenatistica del progetto di questa grande azienda.
Si tratta di un’altra acquisizione importante per il Patrimonio dello Stato.
Non solo, l’arte diventa in questo caso ponte ma soprattutto feconda collaborazione tra ente pubblico e privato.
Matteo d’Aloja, Responsabile Relazioni Esterne e Comunicazione di Ghella, ha sottolineato la volontà dell’azienda di investire sull’arte per “generare idee fuori dagli schemi”.
La razionalità e l’esperienza degli ingegneri, che lavorano all’interno di queste realtà, possono e devono essere spunto da rielaborare: veri e propri punti di partenza per gli autori creativi che sono così “liberi di interpretare i cantieri secondo la loro ricerca artistica”.

Rallentare lo sguardo per comprendere al meglio la contemporaneità.
Il tentativo di Fabio Barile, Andrea Botto, Marina Caneve, Alessandro Imbriaco e Francesco Neri è proprio questo.
Proporre un’alternativa alla voracità della società visiva contemporanea, con un ritorno spesso alle tecniche fotografiche tradizionali.
La Fotografia in quanto Arte rilegge e re-interpreta le questioni del presente.
In questa mostra traspaiono diverse riflessioni sul ‘fare immagini’, per reimparare e rieducare a vedere.
Il percorso quindi è introdotto e aperto dalle testimonianze storiche che documentano l’attività di Ghella dalla fine dell’Ottocento fino agli anni Cinquanta.

Cinque fotografi per cinque luoghi.
Fabio Barile (Barletta, 1980) ha osservato la Follo Line, il tunnel ferroviario che collegherà Oslo a Ski. Si è concentrato sugli intricati sistemi naturali e artificiali, foreste di conifere, scorci di cantiere e nuove urbanizzazioni.
Andrea Botto (Rapallo, 1973) ha realizzato immagini nella galleria che unirà Italia e Austria sotto il passo del Brennero. Ha documentano l’attività del fuochino e la spettacolare esplosione del fronte di scavo.
Marina Caneve (Belluno, 1988) ha raccontato gli scavi e i ritrovamenti nella linea metropolitana che collegherà l’aeroporto di Atene al porto del Pireo, in Grecia. Porta i suoi interrogativi e le sue riflessioni sul rapporto tra città, progettazione contemporanea e memoria storica.
Alessandro Imbriaco (Salerno, 1980) ha lavorato alla baia di Sydney, ritraendo dettagli ripresi all’interno delle mastodontiche TBM, le talpe meccaniche utilizzate per realizzare i tunnel. Le atmosfere evocate sono riconducibili all’esplorazione spaziale.
Francesco Neri (Faenza, 1982), infine, realizza una sequenza sulla prima metropolitana sotterranea di Hanoi, capitale del Vietnam. Restituisce immagini in cui il cantiere, che taglia visivamente la città, appare come una zona di conflitto e di sfida.

“Di roccia, fuochi e avventure sotterranee” chiude il 12 giugno 2022.
“Di roccia, fuochi e avventure sotterranee” è una mostra imperdibile che ci racconta una nuova volontà: quella di far comunicare sempre più i settori dell’arte con le realtà commerciali e/o aziendali.
Fine ultimo è generare uno scambio non solo con fini commerciali ma anche per esigenze legate allo story-telling e alla narrazione della propria professione.
Nel frattempo, vi diamo appuntamento al prossimo mercoledì e vi consigliamo la lettura di alcuni nostri precedenti articoli: