Affermatosi in occasione dell‘Expo di Parigi del 1925, l’Art Déco design vanta estimatori anche oggi. Nato un anno dopo la conclusione della Prima Guerra Mondiale, esprimeva rinnovamento e, soprattutto, desiderio di dimenticare gli orrori del quadriennio precedente.
Tra il 1919 e il 1930 ha avuto un grande successo in Europa, tanto da dominare la scena sugli altri movimenti coevi. Negli Stati Uniti, invece, rimase in voga fino agli Anni ’40, in modo particolare nella realizzazione degli edifici e in campo industriale.
Uno stile, quindi, che ha conquistato diversi settori, primi fra tutti la moda, l’architettura, le arti figurative e l’arredamento. Ma quali sono stati i suoi tratti distintivi e l’indice di gradimento nel nostro Paese? Lo scoprirete nelle prossime righe.
Art Déco design, raffinatezza al primo posto
Di gradevole impatto estetico, questo stile racchiude in sé componenti di molte correnti artistiche. Le sfaccettature del Cubismo si mescolano all’equilibrio Neoclassico e alle nuances decise delle Avanguardie, a volte riprendendo elementi architettonici degli antichi popoli del passato e della natura.
Ma se da una parte lo sguardo è rivolto a epoche ormai lontane, dall’altra è proiettato verso le innovazioni di quel periodo e del futuro. E (fatto molto importante) non si tratta di un design spoglio né minimalista, ma nemmeno ridondante di motivi ornamentali. Tra i tratti distintivi ricordiamo:
- utilizzo di materiali come alluminio, pelle di zebra e di squalo, acciaio inox, legno, lacca e, nel caso dei lampadari, il vetro
- esaltazione delle geometrie regolari ripetitive (scacchiere, zig-zag, forme a raggiera)
- alternanza ben dosata di linee e curve.
L’introduzione della plastica risale agli Anni ’60, quando l’Art Déco conobbe un periodo di revival.
Lo stile Novecento, un’interpretazione tutta italiana
Se Jacques Émile Ruhlmann ha introdotto l’Art Déco per i mobili di lusso, in Italia il movimento ha attirato l’attenzione di un pubblico più vasto. La collaborazione tra Gio Ponti ed Emilio Lancia con La Rinascente ha promosso l’integrazione tra competenze artigianali e industrializzazione dei processi produttivi.
Dal lancio di linee economiche, funzionali e semplici per gli arredi prende piede lo stile Novecento, al quale la stragrande maggioranza delle aziende del periodo si sono adeguate.
Il cambiamento ha interessato non soltanto i mobilifici, ma anche le fabbriche tessili e alcune realtà locali di prestigio.
Tra queste ultime sono degne di menzione le isole della Laguna Veneta, note fin da allora in tutto il mondo per le loro tradizioni manifatturiere.
Il design del lampadario in vetro di Murano, per esempio, si è evoluto secondo lo spirito del tempo.
Lampadari in vetro, molto più di un semplice dettaglio
L’unione di cristalli pendenti dava vita a cilindri concentrici e geometrie innovative, con una notevole diminuzione del volume globale rispetto ad appena mezzo secolo prima.
Tuttavia, nell’arredamento degli anni ruggenti hanno trovato posto forme meno opulente, più consone alle nuove tendenze e al montaggio delle lampadine.
Strutture piramidali, a campana, tronco-coniche pendevano dai soffitti delle case e davano carattere alle abat-jour (inventate nel 1924).
Gli effetti più apprezzati erano quello marmorizzato, opalescente e, più raramente, smaltato, ma sempre in grado di garantire un’illuminazione adeguata.
Scelto opportunamente, il lampadario in vetro era molto più di un accessorio funzionale.
Diventava un componente di design, perfetto per dare ai propri spazi un tocco di eleganza e di personalità in più.
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