Dal prossimo 13 settembre sarà possibile visitare una mostra che indaga l’American Beauty, in tutte le sue controverse sfaccettature.
Al centro culturale Altinate, spazio espositivo di San Gaetano (Padova), ARTIKA di Daniel Buso ed Elena Zannoni ha organizzato una mostra che indaga l’immaginario americano.
La mostra è curata dallo stesso Daniel Buso e conta la collaborazione del Comune di Padova e Kr8te.
Vediamo cosa ci aspetta!

Qual è l’origine del termine American Beauty?
Uno dei simboli con il quale viene identificata la città di Washington è un fiore: una rosa rossa.
Tra le tipologie di rosa rossa c’è proprio l’American Beauty, creata in Francia ed esportata negli Stati Uniti – dove è diventata la più diffusa del continente nordamericano.
American Beauty è anche il nome di un popolare film con Angela Hayes, il cui corpo nudo viene proprio ricoperto di petali di questo fiore.
La tipologia di rosa “American Beauty” è magnifica e allo stesso tempo fragile.
I suoi petali resistono a lungo prima di appassire, mentre il gambo rapidamente marcisce.
Non è questa una metafora efficace della società statunitense e delle sue contraddizioni evidenti e nascoste?
Ecco allora che questo simbolo viene scelto nella mostra veneta per raccontare gli USA, portando in scena tantissime opere – molto diverse fra loro – che fanno emergere iconografie ormai inserite all’interno del nostro immaginario.

Le realtà sono fatte di luci e di ombre.
Le 130 opere presenti lungo il percorso di “American Beauty” raccontano molto degli Stati Uniti, nazione che ha caratterizzato l’ultimo secolo a livello globale.
Non solo autori americani: in mostra sono presenti 120 artisti internazionali.
La mostra è come sempre divisa in sezioni, suddivisioni pensate per entrare in profondità nell’analisi della cultura e della società americane, partendo da alcune delle tematiche più importanti.
Tanti sono i nomi di prestigio, molti lavorano con il mezzo della fotografia.
Le immagini introducono il visitatore, con tecniche e stili differenti, alla lettura del trionfale e decadente universo statunitense.
Si parte dal bianco e nero, con maestri assoluti come Henri Cartier-Bresson, Robert Capa, Diane Arbus ed Elliott Erwitt, per passare alle immagini a colori di Steve McCurry, Vanessa Beecroft e Annie Leibovitz.
Ma non si narra solo attraverso il medium fotografico.
Il percorso prevede anche creazioni di maestri della Pop Art come James Rosenquist, Robert Indiana e Andy Warhol.
In altre sale sono raccontati i protagonisti della Street Art come Keith Haring, Mr. Brainwash, Obey e Banksy.

Patriottismo, rapporti internazionali, conflitti: gli Stati Uniti sono sempre stati complessi.
All’inizio del percorso espositivo troviamo una sezione proprio dedicata al patriottismo.
A rappresentare l’attaccamento nazionalistico tipicamente americano è ovviamente la bandiera americana, che ricorre come simbolo per eccellenza.
Qui vengono immortalate, da grandi fotografi internazionali, centinaia di manifestazioni pubbliche o private di patriottismo statunitense.
Che siano immagini a colori o in bianco e nero, le bandiere a stelle e strisce di innalzano al cielo e si respira un forte sentimento patriota.
A proposito invece di rapporti internazionali, il Paese si spacca.
Il percorso espositivo continua, cercando di tratteggiare le complicate relazioni intessute dagli Stati Uniti.
Ci si concentra sul periodo degli ultimi cento anni della storia di questo Paese.
Dalla partecipazione alla Seconda guerra mondiale, fino alle più recenti esperienze in Afghanistan e Iran: ed ecco che emergono più forti le contraddizioni di cui parlavamo all’inizio.

L’American Beauty si muove dentro e fuori i confini.
Dai grandi conflitti nascono episodi ricordati da tutta l’umanità come l’11 settembre 2001, raccontato in mostra dalle fotografie di Steve McCurry.
Viene raccontata una delle giornate più tragiche per gli americani, riconosciuta come simbolo di una generazione intera.
A proposito di contraddizioni e di barriere, fisiche e simboliche, la mostra dedica un focus ai conflitti che si consumano non soltanto a migliaia di chilometri di distanza, ma anche tra le mura domestiche.
Artisti come Banksy e Paul Insect immortalano un’America in subbuglio.
Gli Stati Uniti sono scossi da guerriglie urbane e dall’utilizzo indiscriminato delle armi da fuoco, un problema che risulta più contemporaneo che mai.
I cittadini, le comunità si scontrano anche lungo le strade.
Lo ricorda lo spazio dedicato alla tematica più attuale nel dibattito sociale: il Black Lives Matter.
Il curatore Daniel Buso dichiara: «“American Beauty” esplora così alcuni aspetti centrali per la comprensione delle contraddizioni che attraversano la superpotenza statunitense.»
La mostra rimarrà aperta al pubblico fino al 24 gennaio 2024.
Il percorso parte dall’immagine da un’immagine di propaganda, quella che forse più di ogni altra esprime lo spirito americano.
Si tratta dello scatto di Joe Rosenthal che esalta la vittoria americana di Iwo Jima sul Giappone nel 1945.
Si è scelto di cominciare da quel gruppo di marines che alza la bandiera perché il gesto ebbe un grande successo a livello globale, anche se alcuni retroscena ne misero in dubbio l’autenticità.
L’“American Beauty” è e sarà forse sempre questo.